martedì 27 novembre 2012

Concediti la depressione!

Le persone che aspettano che tutte le condizioni siano perfette prima di agire, non agiscono mai.
- Anonimo -



In questa sede non voglio definire con esattezza che cosa sia la depressione o perché ci si finisca. Mi preme invece di parlarvi della mia visione su questo argomento, sperimentata sulla mia pelle, che va a collidere però con molte correnti di pensiero psicologiche e probabilmente anche con l'idea di molti lettori. La base non è certo niente di nuovo, come potrete vedere, ma è stata la cosa più efficace che mi ha permesso di impadronirmi di nuovo della mia vita.

Ontologia

Ogni volta che ho letto libri, articoli e post, sull'argomento depressione molti autori di diverse scuole psicologiche puntano a far assumere il controllo dei pensieri alla persona, in modo da cambiarli, e nel frattempo cercano di farla agire il più possibile. Molti però finiscono dicendoti che la depressione è una cosa sbagliata perché i pensieri che hai sono sbagliati. Non voglio intraprendere battaglie ideologiche inutili e controproducenti, ma pongo soltanto una domanda: combattere una battaglia contro i propri pensieri porterà a cambiarli o ad esacerbare un pregresso conflitto con sé stessi? Sì perché ogni persona depressa di fondo non si ama ed è in conflitto con sé stessa. Si ritorna al paradosso: "Controlla i tuoi pensieri ma sii spontaneo" e onestamente continuo a non capire come mai molti continuino ad avvalersi di questo strumento oltremodo controproducente. Trovo anche incredibile pensare come si possa facilitare l'uscita dalla depressione continuando a trasmettere il messaggio "sei sbagliato, devi cambiare, sei in depressione perché in te qualcosa non va, devi sforzarti di cambiare, è tua responsabilità se ci sei finito". A mio avviso è proprio questo sequenza di messaggi la trappola numero uno che non fa uscire dalla depressione.


Verosimilmente una persona che finisce in depressione percepisce se stessa o il mondo esterno come sbagliati, sente di non andare bene, di essere spesso fuori luogo e per evitare questo diviene "iper-esigente" con se stessa criticandosi aspramente. La critica a sé stessi è solo un modo per cercare di spronarsi ad essere i migliori, pensando che così facendo cambieranno le cose, che ci si sentirà finalmente apprezzati e al pari con gli altri. La critica a sé stessi è solo un erroneo tentativo di risoluzione, che fa stare peggio e mantiene il problema. Ma qual è allora il problema maggiore per il quale si cade in depressione? Lasciate che vi dica senza troppe perifrasi che si tratta del giudizio sullo stato dell'umore. Tutti noi abbiamo passato momenti in cui eravamo colmi di pensieri poco belli, i quali però dopo un po' sono spariti da soli e hanno lasciato il posto al sereno.  Con il diventare adulti, e il conseguente aumento delle responsabilità, la società chiede di essere pimpanti, brillanti, sempre con il sorriso sulle labbra, di proiettare un'immagine vincente. Essere di cattivo umore non è ammesso. Ecco allora che fin da piccoli impariamo dai grandi che quel tipo di emozione è qualcosa di brutto e che andrebbe provata il meno possibile. Così pian piano maturiamo la convinzione che vorremmo disfarci della tristezza ed essere SEMPRE FELICI. Ma la felicità è una trappola, poiché NON E' POSSIBILE ESSERE ETERNAMENTE FELICI, tutto è fatto di alternanze, giorno e notte, inspirazione ed espirazione, ogni cosa e il suo contrario devono coesistere per natura. Ma no, noi esseri umani dobbiamo essere fuori dalla natura e dobbiamo essere solo ed esclusivamente felici! Permettetemi di dire: che assurdità! 


Alla fine la depressione permane perché abbiamo radicato in noi la convinzione che dovremmo sempre stare bene, che non dovremmo avere mai momenti GIUSTAMENTE E NATURALMENTE TRISTI. Una persona depressa ha pensieri negativi anche quando la situazione andrebbe bene solo perché non si è ancora permesso di elaborare una situazione precedente. Purtroppo vedo spesso scritto sui forum di discussione, in cui si parla di depressione, frasi tipo: "non lascerò che mi prenda di nuovo la malinconia", "non permetterò alla mia mente di farmi sentire triste", "non smetterò mai di lottare contro questi pensieri assurdi". Queste persone, convinte di fare bene, non si rendono conto che è proprio questo l'atteggiamento che non le farà mai uscire dallo stato depressivo. Lottare contro se stessi porterà mai alla risoluzione di un problema?


Quindi? Che cosa bisogna fare? Starsene con le mani in mano e subire questa condizione? Certo che no, non si tratta certo di subire si tratta di PERMETTERSI DI STARE CON I PENSIERI E LE EMOZIONI DEPRESSIVE QUANDO ARRIVANO, CONCEDENDOSI DI CONSIDERARE QUEI PENSIERI GIUSTI E NORMALI. Quando dei pensieri tristi si sono formati avevano un legame con le cose accadute, avevano un senso ed erano giusti, ma nel momento in cui abbiamo detto "no non devo pensare questo, sarò forte", ecco che questi pensieri hanno ristagnato ed hanno causato il disturbo della depressione. In altre parole la depressione è un modo della mente per cercare di far uscire coattivamente cose che dovevano essere espulse quando si presentavano. CONCEDITI VOLUTAMENTE I PENSIERI E LE EMOZIONI CHE GIUDICATE COME NEGATIVI ANZICHE' CERCARE DI CAMBIARLI, SONO PENSIERI GIUSTI ED HANNO UN SENSO, TU SEI GIUSTO ED HAI UN SENSO, SEI NORMALE. Sono quelli a dire che non dovresti stare così che non sono normali! Hai il diritto di avere pensieri malinconici, hai il diritto di avere pensieri di dispiacere, perché non concedersi i pensieri d'invidia e rabbia? Che c'è di male? Sono solo pensieri. Hai tutto il diritto di stare in depressione, anzi concediti tutti i giorni uno spazio dedicato ai pensieri depressivi! Comincia a considerarla come qualcosa di giusto, di naturale, perché così è! Difendi il tuo stato emotivo poiché è giusto e legittimo, non lasciare che siano gli altri a dirti come ti devi sentire! Il tuo stato emotivo è giusto e naturale, lascia che venga, accompagnalo, permettitelo ed esso sparirà! Con questo intendo che questi pensieri devono essere concessi, ma mai messi in pratica. Facciamo qualche esempio:

"E' inutile che cerchi lavoro, nessuno ha bisogno delle mie capacità, non ho molto da offrire e poi starei male ad ogni piccola critica in un mondo così competitivo, mi sento sbagliato/a, dovrei fare di più ma non ce la faccio". Bene, questo pensiero è assolutamente naturale poiché vi sarà capitato qualcuno che ripetutamente vi avrà sminuito, ferito e detto che non andavate abbastanza bene ed è normale che voi abbiate pensato questo. Sicuramente per evitare di imbattervi nella conferma che non eravate in grado vi siete rimproverati e avete cercato di dare il massimo, ma forse non è stato valorizzato ugualmente.  Concedetevi comunque di avere questo pensiero con tranquillità e dolcezza (ditevi proprio: me lo concedo) e permettete che venga fuori l'emozione che accompagna questo pensiero, provate a considerarlo giusto e legittimo (lo è) e per questo potete rilassarvi. Non avete bisogno di fare altro, solo questo tutte le volte che vengono fuori pensieri ed emozioni depressive. Vi renderete conto che il solo fatto di considerare legittimo questo pensiero vi da energia e che la carica negativa a poco a poco si va affievolendo. Questo significa permettersi il pensiero depressivo, senza cercare di cambiarlo, ma legittimandolo. Il vostro pensiero di inutilità è corretto, non è sbagliato, lasciate che venga, consideratelo oggettivamente legittimo ed esso sparirà da solo e sentirete di nuovo la voglia di andare a cercare un lavoro. Sparita la carica emotiva forte riuscirete ad usare la razionalità con molta più facilità, cosa che prima era invece difficile. Soltanto liberando la mente dai pensieri emotivi si riconquista il potere su sé stessi e per liberare la mente non bisogna fare altro che dare il permesso ai pensieri ed alle emozioni di scorrere, di esistere dentro di noi. Se invece vi dite "no, non dovrei avere questo pensiero o questa brutta emozione, perché ho sempre questi pensieri assurdi, dovrei sentire determinazione e voglia di fare", anche se andrete a cercare lavoro e vi sforzerete di compiere l'azione voluta, dentro di voi ci sarà questo conflitto interno e farete estrema fatica ad agire razionalmente, starete male, e poi finirete con l'arrabbiarvi con voi stessi perché state in quel modo. Rimane tuttavia vero che non si può sempre aspettare che le condizioni siano perfette per agire, perché si finirebbe con il non agire mai, un minimo di forza di volontà ci va comunque messa, sempre. 

rainbow city

Ogni volta che vi concederete uno spazio per il permesso sarete un passo fuori dalla depressione. All'inizio potrà non esser facile poiché è probabile che sia molto radicata la convinzione che i vostri pensieri siano sbagliati, ma vi assicuro che se vi concederete tutti quei pensieri che giudicavate sbagliati, con tranquillità e dolcezza, tornerete velocemente a quell'equilibrio che avevate perduto. Ripeto, uno dei motori della depressione è l'idea di non dover stare così, l'idea che le vostre emozioni e i vostri pensieri siano sbagliati. Cominciate a darvi ragione dei vostri stati emotivi, a volte bastano una manciata di minuti di "permesso",  per vedere dei grandissimi risultati. Con questo non dico che sarete sempre felici, che è impossibile, ma che i vostri stati emotivi riprenderanno ad alternarsi in un sano equilibrio, avvertendo però uno stato di benessere. 

Sono comunque validi consigli cercare di agire più che si può,  praticare attività sportiva, yoga,  vedere persone, curare il proprio aspetto e il proprio ambiente e fare tutte quelle cose che piacciono. Anche queste cose sono molto importanti perché aiutano a spezzare la catena del "dover essere", che è ciò che molto spesso conduce in depressione.  Fare tutte queste senza però concedersi uno spazio di accettazione delle proprie emozioni e dei propri pensieri risulta a mio avviso di scarsa efficacia e può risultare solo un ennesimo dovere paradossale: "devo divertirmi".


Mi auguro di cuore che questo articolo possa esser letto ed aiutare tutti coloro che si trovano in questa condizione. 


Come sempre i commenti sono ben accetti.


Grazie a tutti!

sabato 24 novembre 2012

I pensieri ossessivi e le compulsioni


Salite il primo gradino con fiducia. Non occorre vedere tutta la scala, salite il primo gradino.
- Martin Luther King-




Spesso ci troviamo di fronte a delle situazioni che ci fanno preoccupare, talvolta molto, e che ci causano ansia. Questo è assolutamente normale e capita a tutti, ma ci sono purtroppo dei casi in cui rimaniamo intrappolati nei nostri stessi pensieri ansiosi e ne diventiamo succubi, magari anche ripetendo azioni compulsive che condizionano la nostra vita e quella delle persone che ci stanno a fianco. Sto parlando di quello che psichiatri e psicologi classificano con il nome di disturbo ossessivo compulsivo. Non mi piace molto usare le etichette dei nomi dei disturbi, poiché personalmente considero ogni persona con un problema psicologico soltanto come una persona che soffre, che per qualche motivo ha sviluppato certe modalità che la portano a stare male e che sta cercando in tutti i modi di ritrovare la serenità che si merita. Usare le etichette come “borderline”, “bipolare”, “ossessivo-compulsivo”, spesso non fa altro che far sentire la persona ancora più condannata, classificata come pazza, con il risultato di farla sentire ancora più vittima di quanto non si senta, coadiuvando così uno stato depressivo. Per tale ragione preferisco evitatrle per quanto possibile.
La radice di questo problema, come la maggior parte dei problemi psicologici, è il rifiuto, la non accettazione e il conseguente tentativo di risoluzione. Mi spiego meglio. La mente è uno strumento magnifico che ci permette, attraverso l'uso della ragione, di risolvere la maggior parte delle cose della vita. Se per esempio volessi cambiare i mobili di casa, perchè non mi piacciono più, posso decidere di buttare via quelli vecchi e comprarne dei nuovi o se un particolare tipo di cibo fa male al mio organismo basta che eviti quel cibo per non avere alcun problema. Applicare però questo tipo di pensiero lineare ai pensieri e alle emozioni non va sempre altrettanto bene, poiché la mente funziona anche in modo non lineare e illogico. Ogni volta che ho delle preoccupazioni forti o un’emozione che non mi piace, cercare di cambiarle, di eliminarle, di evitarle o di trovare rassicurazioni inutili, non fa altro che mantenere o aumentare il problema.
Spesso convinzioni che arrivano da valori genitoriali, chiesa, amici, TV e media, purtroppo anche terapeuti (o comunque sia una qualsivoglia figura la cui importanza e la sua credibilità ai nostri occhi sia buona), non sono sempre buon nutrimento per noi e così purtroppo, a fin di bene, pensando di fare la cosa giusta, cerchiamo di cambiare noi stessi per adeguarci a questi illuminati insegnamenti, o altre volte cominciamo ad evitare di confrontarci con la vita per paura di qualcosa.  In generale  pensieri ossessivi e compulsioni sono comunque legati alla convinzione di dover scongiurare un pericolo, di dover risolvere una preoccupazione o di dover allontanare qualche pensiero doloroso. Una regola generale è che ogni emozione ed ogni pensiero ha bisogno di trovare il suo sfogo, la sua accettazione, ogni cosa che viene censurata può causare sintomi psicologici. Il problema rimane sempre come portare la persona ad uscire da questa gabbia mentale per ritrovare la sua serenità.
Delimitare il campo è molto difficile poiché è in pratica possibile sviluppare ossessioni praticamente su qualsiasi cosa diventi una preoccupazione, con diversi gradi e livelli di intensità.  Si può essere ossessionati dall’igiene, dalla salute, dai fantasmi, dal sesso, dalla prestazione, dall’essere anormali, dal non commettere omicidi e via dicendo, l’elenco sarebbe davvero interminabile.
Facciamo un paio di esempi. Un disturbo ossessivo compulsivo molto comune è quello legato all’igiene e alla pulizia, l’intento della persona sarebbe quello di prevenire malattie e infezioni preoccupandosi di pulire e sterilizzare infinite volte al giorno qualsiasi cosa, spesso anche il corpo stesso. Il problema è che quando si potrà mai arrivare a stabilire di essersi messi totalmente al sicuro? Mai, perché la fonte di contagio può essere così imprevedibile che porta la persona veramente ad impazzire pur di tenere sotto controllo queste variabili incontrollabili. Nei casi più gravi la persona non esce di casa per paura di contagi o impedisce pure ai propri figli di uscire. 
Un altro esempio abbastanza comune è la preoccupazione assillante di fare la cosa giusta in ogni momento e in ogni situazione. L'individuo in questo caso è assillato dal dubbio che agendo in un modo x potrebbe comunque agire in modo y o z, che magari sarebbero, a suo giudizio, più adeguati. Ma nessuna scelta finisce con l'essere accettabile razionalmente e l'individuo e rimane  paralizzato, non sapendo che cosa scegliere di fare. Ogni azione  è quindi sbagliata e così la persona, affetta da questa preoccupazione, non vive niente appieno, ma è costantemente preoccupata che l'azione che compie o che i pensieri che produce  non siano giusti o adeguati
Conosco purtroppo anche diversi ragazzi che hanno sviluppato un pensiero ossessivo compulsivo sul sesso. Il confronto con dei modelli li ha portati a mettere in dubbio le capacità prestazionali: bisogna essere spavaldi, intrepidi, cogliere le occasioni e avere sempre voglia di fare sesso con molti partner. Questo ha fatto sì che queste persone mettessero in dubbio la genuinità di una parte di loro stessi, considerata carente, e presi dall’ansia di sentirsi come gli altri hanno cominciato a mettersi alla prova forzandosi in situazioni sessuali non proprio volute, ma "dovute". Il risultato di queste esperienze ovviamente è che sono state totalmente non appaganti e hanno portano i ragazzi a sentirsi ancora più frustrati perché dicono di “non riuscire a sentire le cose che dovrebbero sentire”. Ogni tentativo di colmare questa falsa inadeguatezza non fa altro che scavare la fossa alla persona stessa, finendo in una spirale senza fine, poiché non è possibile stabile razionalmente e con certezza quale sia “il modo giusto” di vivere la sessualità e quale sia la reale soglia di adeguatezza o inadeguatezza.

In ogni caso, qualsiasi sia la apprensione che assilla, il dubbio può portare a mettere in pratica una serie di manovre pur di calmare l’ansia, senza però che ci si accorga che, seguendola, non si fa altro che alimentarla. Chiariamo tuttavia che le preoccupazioni sono una cosa naturale e sana poiché è normale preoccuparsi dell’igiene così come è normale preoccuparsi un po’ di migliorare le proprie capacità in ogni campo, tuttavia quando la preoccupazioni divengono irrazionali, sproporzionate e vengono seguite con un comportamento volto a risolvere inutilmente il problema, si può arrivare ad entrare in questa gabbia di sofferenza.
Qualcuno potrebbe pensare che quindi per non cadere in un disturbo ossessivo compulsivo sia sufficiente non preoccuparsi. La risposta è no, perché attenzione, anche preoccuparsi di non preoccuparsi è una preoccupazione e se cominciate a mettere in atto delle strategie mentali per non preoccuparvi, finirete ossessionati dall’avere una preoccupazione, dovrete così alzare il controllo sui pensieri in un gioco interminabile. Scusate il giro di parole ma è esattamente così:  non è possibile giungere a non preoccuparsi mai e non avere preoccupazioni esagerate o strampalate, ma si può imparare ad avere una corretta gestione della preoccupazione. In altre parole bisogna imparare a comprendere che anche le preoccupazioni fanno parte della vita e bisogna accettarne la presenza, non sempre cercando di risolverle, specie quando sono così irrazionali. Ricordiamo che solo i morti non si preoccupano mai e non soffrono mai. 
Attenzione però ai consigli dati dal buon senso; molti arrivano a consigliarti in casi come questi: “smetti di pensarci, trova il modo per non preoccuparti!”, ma mai consiglio è più dannoso! Sono sicuro che qualcuno starà pensando che sono impazzito del tutto dicendo questo. Ma lasciate che vi spieghi meglio una cosa che ho accennato in altri miei post. Dire ad una persona che non deve preoccuparsi equivale a dirgli ancora che si deve preoccupare di non preoccuparsi e probabilmente la persona cercherà di trovare altre soluzioni per scacciare la prima preoccupazione, per non pensarci, con il risultato che ovviamente i pensieri saranno ancora più assillanti e si sarà creata una seconda preoccupazione. 
Imparando invece a concedersi i pensieri ossessivi senza però metterli in pratica, porta a spezzare questa catena e a ristabilire la normale situazione psicologica. Il problema è che non sempre è facile portare le persone a questo risultato, poiché esse continuano a cercare una soluzione nel controllo o nella fuga.
Forse alcuni si domanderanno che cosa voglia dire "concedersi i pensieri ossessivi": significa permettere ai pensieri di essere formulati liberamente, significa lasciar sfogare questa preoccupazione senza però fare niente per risolverla, lasciando che l'emozione che ne deriva venga fuori naturalmente. Ancora una volta il metodo principe per fare questo è la scrittura. Riversare in parole i propri pensieri strampalati fa in modo tale che essi si sfoghino senza però essere messi in pratica. Procedendo in questo modo, a poco a poco i pensieri non seguiti diventeranno meno potenti e spariranno da soli. Ricordatevi inoltre che ogni volta che metterete in pratica uno di questi pensieri assurdi starete peggiorando la vostra situazione. Nessuno vi impedirà di farlo, ma se lo farete siate solo coscienti che state alimentando o peggiorando la vostra situazione. Non dovete dunque prendervela con i vostri pensieri e le vostre emozioni, ma capire che non si può mettere in pratica un pensiero del genere, perché è falso e dannoso e non può essere risolto razionalmente. Smettere di attuare le soluzioni che non funzionano porta alla risoluzione del problema.
Si tratta di concedersi proprio quei pensieri ed emozioni che ci spaventano, che vorremmo evitare,  che ci preoccupano, poiché una volta concessi e accettati, spariranno da soli. Ricordatevi che questi pensieri del tutto irrazionali non sono veri, sono esagerati, ed è per questo che bisogna lasciarli sfogare ma non seguirli! Tentare di non avere questi pensieri complica ulteriormente la situazione poiché, come ho spiegato, si creerebbe un problema del problema.
Un altro buon consiglio, specie nei casi in cui il problema sia l'eccessivo controllo, è quello di stimolare l'immaginazione. Magari immaginarsi come sarebbe la propria vita se tra tre giorni i nostri problemi psicologici fossero risolti, volare sulle ali della fantasia e immaginare che cosa potremmo dunque fare, come ci sentiremmo, che cosa pianificheremmo. Bisogna farlo come se fossimo sicuri che questo accada, come se avessimo vinto ad una lotteria e fossimo assolutamente sicuri che i soldi verranno dati a breve. Questo esercizio è molto utile per vedere la via di uscita e provare quelle sensazioni positive che proveremmo se tutto fosse ok. Purtroppo in casi più gravi questo esercizio è difficile da eseguire poiché la persona è troppo intrappolata razionalmente e continua a cercare la via di uscita nei suoi tentativi di risoluzione. Ma quando la situazione comincia a sbloccarsi, questo esercizio facilita e velocizza la guarigione.
Bisogna armarsi di molta pazienza e sapere che la strada per il miglioramento è fatta di due passi avanti ed uno indietro, sempre. Per cui non dovrete stupirvi se dopo qualche miglioramento avrete di nuovo una "ricaduta", è assolutamente normale e fa parte del processo di miglioramento, non perdetevi d'animo e continuate ad andare avanti. A volte la risoluzione è veloce, altre volte richiede più tempo, ma continuando sulla giusta strada i risultati arriveranno! Continuate a concedervi con dolcezza i pensieri e le emozioni, formulateli tranquillamente, rilassandovi, magari portando gli occhi in alto come se immaginaste qualcosa e quando sarete tranquilli capirete da soli che cosa ha senso mettere in pratica e che cosa no.
Grazie a tutti!